Archivi categoria: consapevolezza

Diffida dell’uomo che non muove la pancia quando ride (proverbio), mascherine, videochiamate niqab e Covid 19

Dice Grice della comunicazione: è “una attività razionale, cooperativa e finalizzata al raggiungimento di uno scopo”. Dunque utilizziamo la comunicazione con gli altri per tantissimi e differenti scopi: dare informazioni su di noi, sul nostro mondo interno e dunque su come stiamo e sulle nostre emozioni, sui nostri bisogni e necessità, sulla relazione che intercorre con la persona con cui stiamo comunicando, etc. Allo stesso tempo, utilizziamo la comunicazione per far fare qualcosa, per ottenere informazioni su qualcosa che per noi è importante o per condividere informazioni in nostro possesso. Da tutto questo emerge l’ennesima conferma che l’uomo è un animale profondamente sociale, che fa dello scambio di informazioni la ragione del proprio successo sulle altre specie. Non può sfuggire quanto il lock down abbia frustrato questa necessità fondamentale dell’essere umano. Continua la lettura di Diffida dell’uomo che non muove la pancia quando ride (proverbio), mascherine, videochiamate niqab e Covid 19

Non fare oggi quello che puoi fare domani, scorciatoie cognitive e … Fred Buongusto

Non fare oggi quello che puoi fare domani. Eh sì, perché questi non sono i giorni migliori per prendere delle decisioni, soprattutto se da queste possono derivare effetti a lungo termine. Già in precedenza avevo espresso alcune non proprio ottimistiche previsioni sul futuro legate al Covid 19. Oggi vorrei affrontare un tema che mi sembra importante: la difficoltà, e a volte i rischi, di prendere decisioni in piena pandemia.
È inutile far riferimento a illustri psicologi, la realtà è che noi siamo i primi a conoscere molto bene quello che stiamo vivendo: la minaccia percepita sulla salute e sul nostro livello di vita, l’incertezza del domani e soprattutto la avvertita mancanza di controllo sulle nostre vite che sembrano in balìa degli eventi. Continua la lettura di Non fare oggi quello che puoi fare domani, scorciatoie cognitive e … Fred Buongusto

“Facciamo che Conte era il medico e l’Italia un paziente grave” … bocciato!.

Non sono un economista, non sono un virologo, non sono un epidemiologo. Vero. Dunque non entrerò nel merito delle misure annunciate, sui rischi delle varie ipotesi di riapertura, etc. Tuttavia, ho un’esperienza di oltre 40 anni di vita ospedaliera e da anni faccio corsi  per aiutare i medici a comunicare con i pazienti: come impostare la relazione terapeutica ed evitare comportamenti che ne minino alla base la fiducia, come usare le parole per dimostrare interessamento e preoccupazione, come essere onesti con se stessi e con il paziente, come dare cattive notizie “abitando lo spazio” molto piccolo che sta tra l’empatia e la verità con la capacità di contemperarle  entrambe.

Come si diceva da bambini, facciamo che il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte era il medico chiamato al capezzale di un paziente grave, l’Italia, e prendiamo l’ultima conferenza stampa del Nostro che doveva annunciare la fase 2. Continua la lettura di “Facciamo che Conte era il medico e l’Italia un paziente grave” … bocciato!.

I rischi di un tempo sospeso … cosa fare pensando a Rumi. (2)

Ora vorrei affrontare il tema “come convivere con le emozioni disturbanti”, cosa fare della paura, dell’ansia e forse della rabbia che ci invade in questi giorni. Come abbiamo detto, è essenziale riconoscere le emozioni anche se sono disturbanti. Può sembrare sbagliato “mettere le mani” nella paura che  ci attanaglia, nella percezione della nostra solitudine, nell’angoscia del futuro perché ci sembra che questa operazione ci renda ancor più fragili. Viceversa, proprio negare o impedire che emozioni e i pensieri ad esse collegati vengano alla coscienza, è quello che le rende più forti. Tanto più le cacciamo e più rientreranno dalla finestra. Accettare è essenzialmente far entrare ma come dice il saggio sufi “È inevitabile che che paura, rabbia, ansia, solitudine arrivino alla coscienza ma non c’è bisogno di invitarli a prendere un the”. Lasciamo entrare, lasciamo essere e nello stesso tempo lasciamo andare. Come dice un maestro di meditazione i pensieri e le emozioni sono tigri di carta che acquistano forza e potere proprio quando le combattiamo o le neghiamo. C’è una metafora che mi sembra calzante. Prendiamo un foglio di carta e scriviamoci qualcosa e poi lo appallottoliamo. Proviamo a vedere cosa c’è scritto: è impossibile. Per leggere quanto è stato scritto dobbiamo “spiegare” il foglio, in sostanza togliere le pieghe per poter leggere quanto vi è scritto. Vedere e riconoscere le emozioni e i pensieri che proviamo e arrivano alla nostra coscienza equivale a quella che in psicologia si chiama defusione. Defusione dai pensieri e dalle emozioni che non è negarli ma vederli per quello che sono, semplici prodotti dalla nostra mente. Defusione non è negare i pensieri ma impedire che essi controllino te. Osservare le emozioni è vedere dove riverberano nel corpo, a che pensieri sono legate, osservare quanto queste siano reali e quanto, viceversa, siano legate a valutazioni e inferenze irrealistiche: tutto questo corrisponde allo spiegare della metafora. Operazione, evidentemente impossibile se le combattiamo dicendoci” non mi piacciono, non le voglio”. Aprirsi ai pensieri ed emozioni disturbanti vuol dire accettare, da un certo punto di vista, la normalità. È normale  che ci sia in questi tempi la paura o la rabbia, è normale osservare dentro di noi l’ansia per il futuro e per i cambiamenti a cui certamente andremo incontro, tanto più se essi sono avvolti da una nuvola di incertezza. Allora, può essere utile portare l’attenzione, più che sul futuro, sui nostri valori e ai nostri obbiettivi. Parlare di valori può sembrare un’operazione … antiquata che sa di naftalina, ma è invece la verifica di quello che perseguiamo nel nostro vivere, e nel nostro essere umani. Non esistono valori giusti e valori sbagliati: ognuno ha quelli che ritiene importanti per sé. Facciamo allora una verifica di cosa possiamo fare, qui e ora, in relazione ai nostri valori.  Se tra i miei valori ci sono le relazioni amicali, allora non aspettiamo a fare quella telefonata che da tempo vogliamo fare, scrivere una mail di chiarimento, etc. Nello stesso tempo, possiamo verificarli per vedere non solo cosa fare, ma anche e soprattutto se sono ancora validi e se c’è qualcosa da cambiare. Questo esame di realtà ci impedirà di accollarci inutilmente il peso di quanto è al di fuori della nostra portata centrandoci su di noi e di quello che noi possiamo fare. Questo ci darà un senso di autorealizzazione proprio perché seguiamo quello che per noi è importante. Può essere utile, inoltre, depersonalizzare le nostre emozioni: dire “c’è paura o rabbia dentro di me” ha un impatto diverso da dire “ho paura o rabbia”. Non vuol dire giocare con le parole, ma prendere una differente prospettiva, un diverso angolo visuale che può cambiare la percezione dell’emozione stessa; permettendoci più facilmente lo spiegare. Oltre all’uso di parole diverse, un altro gancio può essere rappresentato dal ritorno al corpo, alle sue sensazioni, ai cambiamenti che percepiamo in esso. Agganciarci alle sensazioni corporee, ai suoni che percepiamo, al respiro: tutti mezzi che ci possono ancorare al presente in quanto per il corpo è impossibile viaggiare nel futuro. Non a caso, infatti, tutte le tradizioni spirituali in modo diverso, ma analogo, hanno proposto delle meditazioni proprio sul corpo. Acquisire una diversa prospettiva e restare nel presente ci permette di connetterci a quanto stiamo facendo nel qui e ora. Che si stia cucinando o mangiando, restiamo centrati su quest’azione facendolo con tutta l’intensità e profondità possibile; usiamo tutti i sensi (olfatto, gusto, udito, tatto, vista). In un  post  pubblicato su Huffington ho scritto come mangiare in modo mindful un piatto di spaghetti. Connettiamoci: qualunque cosa facciamo cerchiamo di far sì che  si svolga nel modo più pieno e profondo possibile. Un altro punto di aggancio è quello di pensare a quelle che sono le nostre reti di protezione i nostri “parafulmini”, dove cerchiamo supporto nei momenti di difficoltà. Per qualcuno saranno gli amici, per qualcun altro la religione, Dio o, più in generale, l’Assoluto; per altri le relazioni affettive e la famiglia, per altri ancora il rapporto con il proprio medico. Forse quelle elencate sono presenti tutte insieme in qualcuno. Coltiviamo le nostre reti di protezione che sono come la rete del trapezista: forse in questo momento non ne abbiamo bisogno ma è bello osservarle e sapere che qualcuno le ha montate e che in caso di bisogno, se cadiamo non ci sfracelleremo.

La parola forse più usata in questi giorni, gli anglofoni la definirebbe  trend topic, è crisi: crisi delle borse, economica, sociale, della rappresentanza politica etc. Crisi viene dal greco e vuol dire valutare, separare, discernere. Allora forse questa è una crisi in cui, dopo aver “masticato” le nostre emozioni e lasciandole sullo sfondo, possiamo rivedere le nostre scelte: solo in questo modo le sofferenze e le ansie acquisteranno senso. Un’altra parola è quella di catastrofe, ma questa parola, come crisi, non ha un senso obbligatoriamente negativo. Catastrofe, sempre dal greco, significa mettere sotto sopra come un budino che rovesciamo in un piatto. Rovesciandolo possiamo vederlo meglio.

La paura è senza motivo. Essa è (solo) immaginazione, e vi blocca come un paletto di legno può bloccare una porta. Bruciate quel paletto. (al Din Rumi, mistico sufi XIII° sec)

 

I rischi di un tempo sospeso … e le opportunità. (1)

Come avevo scritto in un precedente post, siamo in un tempo sospeso. Personalmente mi sento come un sasso lanciato verso l’alto immediatamente prima di cominciare a ricadere, in quell’attimo in cui la forza di gravità e la forza del lancio verso l’alto si equivalgono, annullandosi. Tempo sospeso, dunque, come un sasso in attesa di ricadere.

Nessuno è in grado, neppure con approssimazione, di predire quando si uscirà da questa situazione, quali altre emergenze, soprattutto economiche, dovremo affrontare, in che mondo ci troveremo a vivere, con quali tipi di relazioni affettive, amicali, lavorative, etc; quali valori e idee saranno spazzate via e su quali certezze ricostruiremo le nostre vite e il nostro futuro.  Anche le nostre società iperconnesse sono “sospese”, potranno virare verso un modello partecipato e, se vogliamo, comunitario in cui la persona si sente parte, soprattutto, responsabile, di una comunità. Oppure andare verso modelli più autoritari, più chiusi in cui badare solo alle proprie necessità, con “l’aiuto” di un uomo forte. La direzione che prenderemo, ne sono certo, dipenderanno dalle scelte di ognuno.

Il futuro dunque non è ancora nemmeno ipotizzabile e questo certamente accresce le nostre preoccupazioni e le nostre ansie. Anche se, a ben vedere, non è mai stato ipotizzabile e neppure controllabile anche in condizioni “normali”. Quelli della prevedibilità e del controllo sono una nostra illusione che ormai non alberga più in noi, cominciamo a prendere coscienza e consapevolezza della realtà nella sua instabilità e discontinuità. I tempi che viviamo hanno in parte dissolto questa illusione e questo contribuisce ad aumentare le nostre emozioni negative. Questo è lo scenario che ci troviamo a vivere, questa la realtà ineludibile e scomoda. Sì, scomoda, perché spesso viviamo con disagio questa presa di coscienza. Se da una parte questo esame di realtà aumenta il nostro grado di consapevolezza permettendoci di uscire da uno stadio quasi adolescenziale con i relativi sensi di onnipotenza, dall’altro ci consegna nudi e indifesi ad una realtà finalmente vista per come è.   Di fronte ad una nuova percezione della realtà e alle emozioni che questa suscita ci troviamo davanti ad una sfida, quella del confrontarci con le nostre emozioni.
Continua la lettura di I rischi di un tempo sospeso … e le opportunità. (1)

Freud, le barzellette e i film … autoprodotti.

Che le barzellette, o i motti di spirito come le chiamava Freud, esprimano, spesso mascherandole, realtà a volte inconfessabili è a volte vero.  Freud era convinto, infatti, che le barzellette avessero tutte un contenuto  più o meno evidente di tipo sessuale e che queste permettessero a chi le racconta e a chi le ascolta di accedere a contenuti inconfessabili nascosti livello inconscio. Ora sappiamo che Freud, figlio della cultura sessuofobica della Vienna di fine ottocento, era un po’ “fissato” con il sesso e le tematiche sessuali. Forse le barzellette non sono tutte a sfondo sessuale ma quello che è certo che esse ci raccontano, in modo divertente, alcune profonde realtà del nostro modo di essere e di vivere. Eccone un esempio: Continua la lettura di Freud, le barzellette e i film … autoprodotti.

Gli spagnoli e i traumi

Un recente articolo (qui) ha riportato i risultati di ricercatori spagnoli sulla capacità di rimuovere, o almeno ridurre, il ricordo di episodi dolorosi o traumatici, utilizzando un farmaco. Tralascio i particolari tecnici dell’esperimento per i quali rimando all’articolo. Questa ricerca apre certamente degli scenari interessanti e utili nel trattamento di particolari condizioni psichiatriche come la Sindrome Post Traumatica da Stress o alcune forme di ansia. Quelli, però mi sembra vadano sottolineati  sono i rischi sottesi a queste ricerche. In sostanza si pone l’accento sulla necessità di eliminare i ricordi negativi e le esperienze traumatiche al fine di ritrovare il benessere. Continua la lettura di Gli spagnoli e i traumi

il Pifferaio magico di Hamelin, topi e bambini … e l’elogio della zoppia

Alcuni giorni fa, per una serie di associazioni mentali, mi è venuta alla memoria una famosa favola: il Pifferaio di Hamelin. Ora le favole, come tutti sappiamo, sono delle metafore che raccontano, sotto forma di storie, temi che riguarda la nostra via: la lotta tra il bene e il male, il senso di quanto ci capita nella vita, il cambiamento e la trasformazione, etc. Il termine favola, nell’accezione comune del linguaggio, però, ha frequentemente una connotazione negativa di cosa non vera o esagerata; troviamo questa accezione in affermazioni come “vivere nel mondo delle favole” o “non raccontiamoci favole” etc. Troviamo le fiabe, sotto diverse forme, praticamente in tutte le culture e sotto tutte le latitudini. Quale è il senso e l’utilità delle favole? I bambini, come evidenziato da B. Bettelheim, hanno bisogno di dare un senso al mondo complesso in cui vivono e, nello stesso tempo, dare ordine e coerenza al loro mondo interno. Quale che sia il personaggio o la storia, il linguaggio fiabesco si adegua al mondo mitico e non realistico del bambino offrendogli delle soluzioni alle difficoltà, agli incubi inconsci aiutandolo ad accettare responsabilità e le sfide della vita. Non a caso un metodo psicanalitico è quello dei giochi di sabbia in cui il bambino viene invitato a posizionare personaggi archetipici ( il re, la principessa, il drago, etc) e a creare delle storie, delle fiabe personali appunto. E per noi adulti? Continua la lettura di il Pifferaio magico di Hamelin, topi e bambini … e l’elogio della zoppia

Oh Gesù, Gesù: anche la Ferragni fa Mindfulness…. La McMindfulness.

Volevo scrivere un post su quanto mi è accaduto alcuni giorni fa. Mi è capitato tra le mani un volantino scritto in italiano “bizzarro”. In questo si propagandavano corsi di Mindfulness antistress, antinvecchiamento, antidolore e qualche altro “anti” proposti da persone senza alcuna formazione e, udite udite, della durata di un, dicesi un, pomeriggio con un costo di 200 €. Ora capisco la disoccupazione e la necessità di essere creativi, ma utilizzare la Mindfulness senza alcuna preparazione vuol dire rischiare di trovarsi di fronte a pazienti fortemente depressi o con altri disturbi psichiatrici con esiti potenzialmente drammatici. Mentre ragionavo su questo post mi è rimbalzata la notizia di Repubblica che Chiara Ferragni ha preso la sua prima lezione di Mindfulness.

Continua la lettura di Oh Gesù, Gesù: anche la Ferragni fa Mindfulness…. La McMindfulness.

Il cambiamento, Etty Hillesum, una frittata senza rompere le uova, molta confusione sotto il cielo grande opportunità

Avevo già in precedenza accennato al tema cambiamento, ma siamo a fine anno e vale l pena di aggiungere qualche altra riflessione. È il momento di aggiornare l’agenda, impegni e promesse di dieta e attività fisica per il prossimo anno. Il tutto nella previsione (presunzione?) che tutto filerà via liscio come il solito: il venerdì la partita di calcetto, il week end fuori porta, la sveglia tutte le mattine alla solita ora etc. Non é detto, però, che quanto previsto avverrà realmente come noi l’avevamo immaginato. È molto probabile, invece, che dei cambiamenti nei nostri piani qua e là si verificheranno; perché il cambiamento è l’unica certezza che il futuro ci riserva … il resto è opzionale.

Continua la lettura di Il cambiamento, Etty Hillesum, una frittata senza rompere le uova, molta confusione sotto il cielo grande opportunità