Smumiat cla bronzina
(Datti una mossa con il pentolino: autocitazione)
E’ incredibile, ma il nostro linguaggio, quello di tutti i giorni, da quello che usiamo al lavoro a quello che usiamo con i nostri figli è, anche se non ce ne accorgiamo, una sintesi meravigliosa. Sintesi di racconti notturni quando noi, piccoli e febbricitanti, chiedevamo delle presenze per allontanare febbre e timore del buio e di sgridate per marachelle più o meno gravi compiute nei pomeriggi passati a giocare con gli amici. Sintesi di racconti fatti dal nonno contadino e podestà che, imprigionato dagli americani, veniva reinsediato come sindaco in seguito alle proteste del CNL (Comitato Liberazione Nazionale) e dei partigiani; e da quelli dell’altro nonno chirurgo e professore universitario che perse la cattedra per non aver voluto prendere la tessera del partito nazionale fascista e che di notte, a lume di candela, nei cascinali della bassa reggiana in Emilia operava i partigiani feriti. Sintesi di quanto la nonna, femminista ante litteram, ci raccontava della sua protesta concretizzatasi nell’acquisto di un collo di volpi azzurre con relativo conto mandato direttamente al sindaco contadino che aveva passato un week end con la sua “fidanzata” a vedere l’opera all’arena di Verona. Sintesi di parole a volte inventate per rendere più efficace un rimbotto o per sdrammatizzare.