Barcellona, i social la paura e Seneca

Barcellona. Non sono un sociologo né  un esperto di cose militari e neppure  mediorientali. Per cui non voglio entrare in territori che non mi competono come parlare degli obbiettivi a breve e lungo termine delle strategie che stanno dietro a queste tragedie.Oppure a quanto succede oltre lo stagno chiamato mar Mediterraneo. Oppure ancora analizzare l’uso politico che viene fatto di queste tragedie parlando alla pancia della gente per proprio tornaconto elettorale o di consenso; spesso proponendo soluzioni semplici a problemi complessi, atteggiamento tipico dei movimenti populisti. E i problemi complessi hanno tante sfaccettature a volte confluenti a volte contrastanti, con la necessità, per risolverli, di averne una visione globale che le abbracci tutte.
Ritengo utile e interessante, invece, dare un’occhiata  alle reazioni che Barcellona, al pari di Nizza Parigi e Manchester, inducono in tutti noi. Basterebbe dare una scorsa anche rapida alle migliaia di post sui social per capire che di  fronte a tali tragedie,  siamo quasi sempre in balia di forti emozioni, a volte contrastanti. Sembra che le onde di queste emozioni, quasi sempre burrascose ci travolgano.

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Il momento presente: il qui e ora. La fisica quantistica e le neuroscienze

Più volte abbiamo fatto riferimento al cosiddetto momento presente, il  “qui e ora”, punto centrale della meditazione Mindfulness e di tante pratiche orientali di meditazione . Potrebbe sembrare che questo argomento abbia delle valenze per così dire solo filosofiche; ma le cose sono più complicate e riverberano nella nostra vita di ogni giorno. Vediamo perché.

Secondo il nostro comune sentire  e le nostre percezioni, il tempo non è altro che il dipanarsi continuo di momenti successivi; momenti che inevitabilmente scorrono uno dopo l’altro e senza possibilità di percorrere in avanti e a ritroso questo svolgersi di momenti. Tralascio volutamente quest’ultimo aspetto così visitato dalla fantascienza e dal cinema, basterebbe citare Ritorno al Futuro, tenendo presente che la Fisica quantistica lo ha teorizzato come possibile, e restiamo sul tema del momento presente. Continua la lettura di Il momento presente: il qui e ora. La fisica quantistica e le neuroscienze

Gandhi, le formiche, la responsabilità e il cancro

Prendo spunto da un episodio di cronaca che è comparso su tutti i giornali. Le fotografie dell’esercito di formiche che impazzano sul letto di un’ammalata a Napoli, attaccata a una flebo, dunque nell’impossibilità di muoversi, hanno fatto (purtroppo!!) il giro del mondo. Non entro nel merito del fatto, già di per se agghiacciante e facilmente condannabile, quanto su come questo sia, mi sembra, il risultato di un atteggiamento piuttosto generalizzato. Ho l’impressione che il nostro livello di guardia nei riguardi della sciatteria e superficialità si sia andato progressivamente abbassando; sembra che, nel mondo reale della vita di tutti i giorni, la nostra sensibilità si sia attutita. Continua la lettura di Gandhi, le formiche, la responsabilità e il cancro

I cinque inviti di F. Ostaseski. Ci sono libri…….

Mentre preparavo il post che avrà per argomento il silenzio, che pubblicherò presto ma che può per il momento attendere, ho finito di leggere ” Cinque Inviti – Come la morte può insegnarci a vivere pienamente” scritto da Frank Ostaseski e appena pubblicato da Mondadori.

Ci sono tanti tipi di libri, quelli che abbiamo letto durante l’adolescenza, ritenuti fondamentali a quei tempi, e  che, ripresi in mano più avanti negli anni, ci sono sembrati privi di significato; libri che dopo poche pagine abbiamo messo da parte e a cui non ci siamo più accostati e altri che non ci erano piaciuti ma arrivando all’ultima pagina con la speranza che prima o poi “decollassero”. Continua la lettura di I cinque inviti di F. Ostaseski. Ci sono libri…….

Houston, abbiamo un problema, ma nella vita reale Houston di solito non risponde…

Durante la missione Apollo 13, che prevedeva la discesa di un modulo lunare, si verificarono una serie di problemi che portarono all’insuccesso della missione stessa e che fece correre all’equipaggio rischi seri. Nel libro scritto dal capo missione e ripreso anche nel film Apollo 13 viene citata la frase che da il titolo a questo post e che è diventato nel tempo una frase che a volte utilizziamo: Houston abbiamo avuto un problema.

Tutti noi nella vita, prima o poi, ci troviamo davanti a dei bivi che ci vengono posti dalla necessità di risolvere un problema; ben sapendo che ciò che sceglieremo condizionerà in modo importante gli anni futuri. Il problema  potrà essere la nostra collocazione nella società con la scelta di una professione o di una facoltà universitaria che escluderà, ovviamente, tutte le altre. Spesso il problema nasce da una crisi che impone una scelta drastica come  continuare un rapporto affettivo oppure troncarlo. Oppure se accettare e accogliere una gravidanza indesiderata. In genere i bivi “peggiori” sono quelli che ci impongono, come in questi ultimo caso, azioni definitive e da cui non è possibile tornare indietro.

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Report, i cornicioni e le chiacchiere da bar: Gabbanelli torna!

I francesi hanno una bellissima espressione “Épater le bourgeois” Questa la traduzione che ne dà l”Enciclopedia Treccani : “Meravigliare a buon mercato la gente, con parole e affermazioni paradossali, con atteggiamenti anticonformistici o spregiudicati, per il gusto di stupire e scandalizzare”. Questa mi sembra la cifra dell’ultima puntata di una trasmissione che tante altre volte abbiamo apprezzato; quella sul Papilloma Virus.

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Medicina e tecnologia, tutto bene ? Forse. Un rapporto non sempre facile.

Siamo, in generale, realmente impressionati della tecnologia e delle sue possibilità. Pensiamo che la tecnologia sia in grado di risolvere tutti i problemi: dalla dieta da tenere al consumo di calorie di una certa attività fisica, dalla gestione del tempo libero alla valutazione di un certo ristorante, dalla comunicazione, vedi Facebook, alla possibilità di esprimere e diffondere un’idea, come questo che sto adoperando. Ancor di più l’essere disconnessi dalle nostre applicazioni sembra la peggior maledizione dei tempi attuali. E i dati ci dicono infatti che, ad esempio, il mercato delle applicazioni, pur mostrando una certa saturazione,  è in continua espansione. Qualche dato: nell’Apple Store si possono acquistare oltre 2 milioni di applicazioni, quasi un universo parallelo, e nel 2015 sono stati scaricati oltre 156 miliardi di applicazioni a livello mondiale. Solo in Italia il mercato delle applicazioni, diventate sempre più pervasive, contribuisce al 2,5 % del PIL.

La nostra “ossessione tecnologica” ci porta, concretamente, a pensare che  applicare l’aggettivo “tecnologico” sia quasi dare una patente di affidabilità e di utilità a qualunque aspetto della vita essa venga applicata. Abbiamo fatto della tecnologia un totem, un feticcio che, quasi come una divinità primitiva, chiede sottomissione e “sacrifici” adeguati; e al pari di una divinità pagana non accetta di essere messa in discussione. Ne abbiamo fatto un valore assoluto dimenticando, completamente, che la tecnologia è solo un mezzo che presenta un valore solo in funzione dell’uso che se ne fa. Banalmente, posso utilizzare la tecnologia per costruire missili a testata nucleare oppure per migliorare i raccolti in paesi sottosviluppati.

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Tra ineluttabilità e cambiamento, accettazione e trasformazione. Il caso della paziente oncologica.

Quanto spesso ci è successo di domandarci se una certa cosa, una certa situazione, o ancora, un momento particolare della nostra vita dovesse essere accettato o cambiato? Forse migliaia di volte. E in fondo la nostra vita, quella che abbiamo, è il risultato delle risposte che abbiamo dato in quel particolare momento; forse ce ne siamo pentiti, forse oggi agiremmo in modo diverso ma il passato è un luogo non più abitabile mentre il futuro non lo è ancora. Il passato lo possiamo ricordare, spesso in maniera non realistica e vera, ma non modificare; il futuro ce lo possiamo forse prefigurare ma sarà in genere diverso dalle nostre aspettative… ma questo è un altro discorso.

Allora cambiamento o accettazione? Domanda difficile, a cui è sconsigliabile cercare risposta negli altri: “Non datemi consigli, so sbagliare da solo” diceva un saggio. Perché le ragioni dell’ineluttabilità e della trasformazione stanno solo ed esclusivamente dentro di noi.

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L’epigenetica (2). Le colpe dei padri ricadono sui figli? La buona e la cattiva notizia

Nel post precedente abbiamo parlato in generale dell’epigenetica, di come questa sia in grado di spiegare la presenza di disturbi fisici e psichici nella discendenza di soggetti che avevano subito prima del concepimento condizioni avverse; condizioni capaci di determinare modificazioni delle cellule riproduttive, spermatozoi paterni e ovociti materni. La ricerca si è focalizzata sugli effetti, soprattutto, degli ormoni dello stress come il cortisolo, capaci di determinare delle alterazioni, spesso permanenti, a livello delle cellule riproduttive. Come abbiamo già detto in altra parte, in risposta allo stress il nostro organismo produce degli ormoni che se da una parte hanno lo scopo di preparare il nostro corpo a rispondere allo stressor, dall’altra hanno la capacità di determinare delle alterazioni a livello sia fisico sia psichico. Quale è il contributo del padre e della madre?
Vediamoli

Il ruolo materno: Lo studio del ruolo materno nella trasmissione epigenetica delle condizioni di “sofferenza”,  si è dimostrato a volte di difficile interpretazione. Mentre, infatti, sono ben documentati gli effetti sul nascituro dello stress subito dalla madre durante la gravidanza, minori sono i dati sugli effetti dello stress provato dalla donna prima del concepimento. Stante anche la difficoltà di isolare gli effetti dovuti allo stress in gravidanza rispetto alle condizioni precedente il concepimento. Abbiamo comunque dei dati certi che evidenziano, con chiarezza, come alcune condizioni subite dalla madre prima del concepimento siano in grado  di determinare effetti negativi sui futuri neonati e addirittura sui nipoti. Sappiamo cosi che violenze subite dalla madre in età infantile, o un eventuale lutto nell’anno precedente il concepimento, siano condizioni capaci di provocare un alterato sviluppo non solo psichico ma anche fisico della futura prole. Questi dati sono confermati dall’osservazione che figli e nipoti dei sopravvissuti all’Olocausto presentino delle alterazioni epigenetiche con aumento dei casi di alterato sviluppo psichico con maggiore frequenza di malattie mentali e neurologiche. E’ interessante notare che non solo lo stress con tutti i suoi correlati effetti ormonali, ma anche l’uso di sostanze come la cocaina e l’eroina provocherebbero danni che si mantengono almeno nella generazione successiva.

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Linguaggio, cucina e l’epigenetica: ovvero da un pero non può nascere una mela. (1)

Smumiat cla bronzina

(Datti una mossa con il pentolino: autocitazione) 

E’ incredibile, ma il nostro linguaggio, quello di tutti i giorni, da quello che usiamo al lavoro a quello che usiamo con i nostri figli è, anche se non ce ne accorgiamo, una sintesi meravigliosa. Sintesi di racconti notturni quando noi, piccoli e febbricitanti, chiedevamo delle presenze per allontanare febbre e timore del buio e di sgridate per marachelle più o meno gravi compiute nei pomeriggi passati a giocare con gli amici. Sintesi di racconti fatti dal nonno contadino e podestà che, imprigionato dagli americani, veniva reinsediato come sindaco in seguito alle  proteste del CNL (Comitato Liberazione Nazionale) e dei partigiani; e da quelli dell’altro nonno chirurgo e professore universitario che perse la cattedra per non aver voluto prendere la tessera del partito nazionale fascista e che di notte, a lume di candela, nei cascinali della bassa reggiana in Emilia operava i partigiani feriti. Sintesi di quanto la nonna, femminista ante litteram,  ci raccontava della sua protesta concretizzatasi nell’acquisto di un collo di volpi azzurre con relativo conto mandato direttamente al sindaco contadino che aveva passato un week end con la sua “fidanzata” a vedere l’opera all’arena di Verona. Sintesi di parole a volte inventate per rendere più efficace un rimbotto o per sdrammatizzare.

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