Dice Grice della comunicazione: è “una attività razionale, cooperativa e finalizzata al raggiungimento di uno scopo”. Dunque utilizziamo la comunicazione con gli altri per tantissimi e differenti scopi: dare informazioni su di noi, sul nostro mondo interno e dunque su come stiamo e sulle nostre emozioni, sui nostri bisogni e necessità, sulla relazione che intercorre con la persona con cui stiamo comunicando, etc. Allo stesso tempo, utilizziamo la comunicazione per far fare qualcosa, per ottenere informazioni su qualcosa che per noi è importante o per condividere informazioni in nostro possesso. Da tutto questo emerge l’ennesima conferma che l’uomo è un animale profondamente sociale, che fa dello scambio di informazioni la ragione del proprio successo sulle altre specie. Non può sfuggire quanto il lock down abbia frustrato questa necessità fondamentale dell’essere umano. Continua la lettura di Diffida dell’uomo che non muove la pancia quando ride (proverbio), mascherine, videochiamate niqab e Covid 19
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I sogni in tempo di Covid: sogni di più? A tinte forti? Hai incubi?.. Tranquillo!! Sei in buona compagnia.
Non se ne parla per niente, non se ne parla negli articoli che parlano degli effetti del Covid sulla nostra psiche, non se ne parla nei talk della sera; quello che è certo, però, è che i sogni sono diventati un argomento di tendenza come dimostrato nelle scorse settimane da Google trend, che analizza gli argomenti più di voga del momento; in cui la parola “sogni” e termini correlati come incubi è stata in vetta alla classifica dei termini più cercati . Come è certo che i miei, (solo i miei?) pazienti riferiscono in seduta di sogni più frequenti, più vividi, più strani e a volte con le caratteristiche degli incubi. D’altra parte sembra che realtà e sogni si siano scambiati la scenografia, una si ammanta di simboli onirici: strade vuote, gente con strani maschere, il silenzio che accompagna una vita che cammina al rallentatore; e l’altra è fatta di assembramenti, momenti conviviali, incontri e viaggi, tanti viaggi. Come ha detto qualcuno, stiamo vivendo un incredibile esperimento di massa in cui milioni di persone di diversa età, diversa condizione socio-economica e diversa cultura si trovano intrappolati in una condizione di isolamento più o meno stretto ma certamente diffuso. E i sogni fanno parte a pieno titolo di questa realtà. Come si sogna al tempo del Covid 19? Prima di cercare di dare una risposta a questa diffusa tendenza è bene farsi la domanda perché sogniamo, domanda che ha affascinato da sempre filosofi, religiosi, e scienziati sebbene il tema è difficile da afferrare.
Vediamo le diverse ipotesi fatte: Continua la lettura di I sogni in tempo di Covid: sogni di più? A tinte forti? Hai incubi?.. Tranquillo!! Sei in buona compagnia.
I rischi di un tempo sospeso … cosa fare pensando a Rumi. (2)
Ora vorrei affrontare il tema “come convivere con le emozioni disturbanti”, cosa fare della paura, dell’ansia e forse della rabbia che ci invade in questi giorni. Come abbiamo detto, è essenziale riconoscere le emozioni anche se sono disturbanti. Può sembrare sbagliato “mettere le mani” nella paura che ci attanaglia, nella percezione della nostra solitudine, nell’angoscia del futuro perché ci sembra che questa operazione ci renda ancor più fragili. Viceversa, proprio negare o impedire che emozioni e i pensieri ad esse collegati vengano alla coscienza, è quello che le rende più forti. Tanto più le cacciamo e più rientreranno dalla finestra. Accettare è essenzialmente far entrare ma come dice il saggio sufi “È inevitabile che che paura, rabbia, ansia, solitudine arrivino alla coscienza ma non c’è bisogno di invitarli a prendere un the”. Lasciamo entrare, lasciamo essere e nello stesso tempo lasciamo andare. Come dice un maestro di meditazione i pensieri e le emozioni sono tigri di carta che acquistano forza e potere proprio quando le combattiamo o le neghiamo. C’è una metafora che mi sembra calzante. Prendiamo un foglio di carta e scriviamoci qualcosa e poi lo appallottoliamo. Proviamo a vedere cosa c’è scritto: è impossibile. Per leggere quanto è stato scritto dobbiamo “spiegare” il foglio, in sostanza togliere le pieghe per poter leggere quanto vi è scritto. Vedere e riconoscere le emozioni e i pensieri che proviamo e arrivano alla nostra coscienza equivale a quella che in psicologia si chiama defusione. Defusione dai pensieri e dalle emozioni che non è negarli ma vederli per quello che sono, semplici prodotti dalla nostra mente. Defusione non è negare i pensieri ma impedire che essi controllino te. Osservare le emozioni è vedere dove riverberano nel corpo, a che pensieri sono legate, osservare quanto queste siano reali e quanto, viceversa, siano legate a valutazioni e inferenze irrealistiche: tutto questo corrisponde allo spiegare della metafora. Operazione, evidentemente impossibile se le combattiamo dicendoci” non mi piacciono, non le voglio”. Aprirsi ai pensieri ed emozioni disturbanti vuol dire accettare, da un certo punto di vista, la normalità. È normale che ci sia in questi tempi la paura o la rabbia, è normale osservare dentro di noi l’ansia per il futuro e per i cambiamenti a cui certamente andremo incontro, tanto più se essi sono avvolti da una nuvola di incertezza. Allora, può essere utile portare l’attenzione, più che sul futuro, sui nostri valori e ai nostri obbiettivi. Parlare di valori può sembrare un’operazione … antiquata che sa di naftalina, ma è invece la verifica di quello che perseguiamo nel nostro vivere, e nel nostro essere umani. Non esistono valori giusti e valori sbagliati: ognuno ha quelli che ritiene importanti per sé. Facciamo allora una verifica di cosa possiamo fare, qui e ora, in relazione ai nostri valori. Se tra i miei valori ci sono le relazioni amicali, allora non aspettiamo a fare quella telefonata che da tempo vogliamo fare, scrivere una mail di chiarimento, etc. Nello stesso tempo, possiamo verificarli per vedere non solo cosa fare, ma anche e soprattutto se sono ancora validi e se c’è qualcosa da cambiare. Questo esame di realtà ci impedirà di accollarci inutilmente il peso di quanto è al di fuori della nostra portata centrandoci su di noi e di quello che noi possiamo fare. Questo ci darà un senso di autorealizzazione proprio perché seguiamo quello che per noi è importante. Può essere utile, inoltre, depersonalizzare le nostre emozioni: dire “c’è paura o rabbia dentro di me” ha un impatto diverso da dire “ho paura o rabbia”. Non vuol dire giocare con le parole, ma prendere una differente prospettiva, un diverso angolo visuale che può cambiare la percezione dell’emozione stessa; permettendoci più facilmente lo spiegare. Oltre all’uso di parole diverse, un altro gancio può essere rappresentato dal ritorno al corpo, alle sue sensazioni, ai cambiamenti che percepiamo in esso. Agganciarci alle sensazioni corporee, ai suoni che percepiamo, al respiro: tutti mezzi che ci possono ancorare al presente in quanto per il corpo è impossibile viaggiare nel futuro. Non a caso, infatti, tutte le tradizioni spirituali in modo diverso, ma analogo, hanno proposto delle meditazioni proprio sul corpo. Acquisire una diversa prospettiva e restare nel presente ci permette di connetterci a quanto stiamo facendo nel qui e ora. Che si stia cucinando o mangiando, restiamo centrati su quest’azione facendolo con tutta l’intensità e profondità possibile; usiamo tutti i sensi (olfatto, gusto, udito, tatto, vista). In un post pubblicato su Huffington ho scritto come mangiare in modo mindful un piatto di spaghetti. Connettiamoci: qualunque cosa facciamo cerchiamo di far sì che si svolga nel modo più pieno e profondo possibile. Un altro punto di aggancio è quello di pensare a quelle che sono le nostre reti di protezione i nostri “parafulmini”, dove cerchiamo supporto nei momenti di difficoltà. Per qualcuno saranno gli amici, per qualcun altro la religione, Dio o, più in generale, l’Assoluto; per altri le relazioni affettive e la famiglia, per altri ancora il rapporto con il proprio medico. Forse quelle elencate sono presenti tutte insieme in qualcuno. Coltiviamo le nostre reti di protezione che sono come la rete del trapezista: forse in questo momento non ne abbiamo bisogno ma è bello osservarle e sapere che qualcuno le ha montate e che in caso di bisogno, se cadiamo non ci sfracelleremo.
La parola forse più usata in questi giorni, gli anglofoni la definirebbe trend topic, è crisi: crisi delle borse, economica, sociale, della rappresentanza politica etc. Crisi viene dal greco e vuol dire valutare, separare, discernere. Allora forse questa è una crisi in cui, dopo aver “masticato” le nostre emozioni e lasciandole sullo sfondo, possiamo rivedere le nostre scelte: solo in questo modo le sofferenze e le ansie acquisteranno senso. Un’altra parola è quella di catastrofe, ma questa parola, come crisi, non ha un senso obbligatoriamente negativo. Catastrofe, sempre dal greco, significa mettere sotto sopra come un budino che rovesciamo in un piatto. Rovesciandolo possiamo vederlo meglio.
I rischi di un tempo sospeso … e le opportunità. (1)
Come avevo scritto in un precedente post, siamo in un tempo sospeso. Personalmente mi sento come un sasso lanciato verso l’alto immediatamente prima di cominciare a ricadere, in quell’attimo in cui la forza di gravità e la forza del lancio verso l’alto si equivalgono, annullandosi. Tempo sospeso, dunque, come un sasso in attesa di ricadere.
Nessuno è in grado, neppure con approssimazione, di predire quando si uscirà da questa situazione, quali altre emergenze, soprattutto economiche, dovremo affrontare, in che mondo ci troveremo a vivere, con quali tipi di relazioni affettive, amicali, lavorative, etc; quali valori e idee saranno spazzate via e su quali certezze ricostruiremo le nostre vite e il nostro futuro. Anche le nostre società iperconnesse sono “sospese”, potranno virare verso un modello partecipato e, se vogliamo, comunitario in cui la persona si sente parte, soprattutto, responsabile, di una comunità. Oppure andare verso modelli più autoritari, più chiusi in cui badare solo alle proprie necessità, con “l’aiuto” di un uomo forte. La direzione che prenderemo, ne sono certo, dipenderanno dalle scelte di ognuno.
Il futuro dunque non è ancora nemmeno ipotizzabile e questo certamente accresce le nostre preoccupazioni e le nostre ansie. Anche se, a ben vedere, non è mai stato ipotizzabile e neppure controllabile anche in condizioni “normali”. Quelli della prevedibilità e del controllo sono una nostra illusione che ormai non alberga più in noi, cominciamo a prendere coscienza e consapevolezza della realtà nella sua instabilità e discontinuità. I tempi che viviamo hanno in parte dissolto questa illusione e questo contribuisce ad aumentare le nostre emozioni negative. Questo è lo scenario che ci troviamo a vivere, questa la realtà ineludibile e scomoda. Sì, scomoda, perché spesso viviamo con disagio questa presa di coscienza. Se da una parte questo esame di realtà aumenta il nostro grado di consapevolezza permettendoci di uscire da uno stadio quasi adolescenziale con i relativi sensi di onnipotenza, dall’altro ci consegna nudi e indifesi ad una realtà finalmente vista per come è. Di fronte ad una nuova percezione della realtà e alle emozioni che questa suscita ci troviamo davanti ad una sfida, quella del confrontarci con le nostre emozioni.
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Gli spagnoli e i traumi
Un recente articolo (qui) ha riportato i risultati di ricercatori spagnoli sulla capacità di rimuovere, o almeno ridurre, il ricordo di episodi dolorosi o traumatici, utilizzando un farmaco. Tralascio i particolari tecnici dell’esperimento per i quali rimando all’articolo. Questa ricerca apre certamente degli scenari interessanti e utili nel trattamento di particolari condizioni psichiatriche come la Sindrome Post Traumatica da Stress o alcune forme di ansia. Quelli, però mi sembra vadano sottolineati sono i rischi sottesi a queste ricerche. In sostanza si pone l’accento sulla necessità di eliminare i ricordi negativi e le esperienze traumatiche al fine di ritrovare il benessere. Continua la lettura di Gli spagnoli e i traumi
il Pifferaio magico di Hamelin, topi e bambini … e l’elogio della zoppia
Alcuni giorni fa, per una serie di associazioni mentali, mi è venuta alla memoria una famosa favola: il Pifferaio di Hamelin. Ora le favole, come tutti sappiamo, sono delle metafore che raccontano, sotto forma di storie, temi che riguarda la nostra via: la lotta tra il bene e il male, il senso di quanto ci capita nella vita, il cambiamento e la trasformazione, etc. Il termine favola, nell’accezione comune del linguaggio, però, ha frequentemente una connotazione negativa di cosa non vera o esagerata; troviamo questa accezione in affermazioni come “vivere nel mondo delle favole” o “non raccontiamoci favole” etc. Troviamo le fiabe, sotto diverse forme, praticamente in tutte le culture e sotto tutte le latitudini. Quale è il senso e l’utilità delle favole? I bambini, come evidenziato da B. Bettelheim, hanno bisogno di dare un senso al mondo complesso in cui vivono e, nello stesso tempo, dare ordine e coerenza al loro mondo interno. Quale che sia il personaggio o la storia, il linguaggio fiabesco si adegua al mondo mitico e non realistico del bambino offrendogli delle soluzioni alle difficoltà, agli incubi inconsci aiutandolo ad accettare responsabilità e le sfide della vita. Non a caso un metodo psicanalitico è quello dei giochi di sabbia in cui il bambino viene invitato a posizionare personaggi archetipici ( il re, la principessa, il drago, etc) e a creare delle storie, delle fiabe personali appunto. E per noi adulti? Continua la lettura di il Pifferaio magico di Hamelin, topi e bambini … e l’elogio della zoppia
Di ritorno da Udine: contento, perplesso e anche un po’ (molto) preoccupato … transumanesimo, ibernazione, trasferimento di coscienza e altro
…. date le premesse del precedente post, vediamo a che punto siamo e dove potremmo trovarci tra qualche tempo. Già adesso utilizziamo senza saperlo queste tecnologie, basterebbe pensare all’assistente virtuale Siri utilizzato dai telefonini della Apple o ai servizi di Google. Questi ultimi, infatti, raccolgono una impressionante quantità di dati, così che spesso riescono a fornire risposte, ancor prima che venga formulata la domanda, essendo in grado di anticipare i nostri interessi, come un tragitto da compiere, il ristorante da scegliere o i prossimi impegni della settimana. Continua la lettura di Di ritorno da Udine: contento, perplesso e anche un po’ (molto) preoccupato … transumanesimo, ibernazione, trasferimento di coscienza e altro
Di ritorno da Udine: contento, perplesso e anche un po’ (molto) preoccupato … robot, umanoidi, singolarità tecnologica e altro
Sono tornato da Udine contento, ma anche un po’ (molto) preoccupato. Vediamo perchè. Uno dei due “ospiti” di questo week end era il Prof. Bergamasco, direttore dell’Istituto di comunicazione, informazione e percezione della prestigiosa Scuola Superiore S. Anna di Pisa. I suoi interventi erano centrati, tra le altre cose, sugli sviluppi ed applicazioni della robotica, intelligenza artificiale e della realtà virtuale. Cosa hanno a che fare questi argomenti con le neuroscienze, con la nostra mente, con la meditazione e con la nostra coscienza? Apparentemente poco ma, a ben guardare, in effetti tantissimo; se si tiene conto di quanto si dirà tra poco. Continua la lettura di Di ritorno da Udine: contento, perplesso e anche un po’ (molto) preoccupato … robot, umanoidi, singolarità tecnologica e altro