….. Dopo aver visto cosa è la paura, a cosa serve, cosa determina a livello del nostro corpo e come funziona cerchiamo di vedere perché il meccanismo a essa legato può essere invalidante e portarci a non vivere pienamente la nostra vita. Qui, evidentemente, parliamo non del camion che ci sta venendo addosso o dello strapiombo che vediamo a pochi centimetri dai nostri piedi e in cui la paura rappresenta un elemento utile. Parliamo piuttosto della paura di un evento futuro di cui temiamo l’avverarsi, evento solo ipotizzato basandosi su dati non reali o realistici. Come abbiamo visto, la paura scatta quando percepiamo una minaccia per la nostra sicurezza. E questo è il primo punto: la percezione della minaccia avviene a livello della nostra mente. E’ lì che dobbiamo cominciare ad indagare. E’ questa che fa il primo bilancio dell’entità della minaccia. E se questo bilancio viene fatto su dati ipotetici e prevedendo conseguenze ritenute drammatiche anche la paura si connoterà di drammaticità. Affrontare la paura vuol dire, in primo luogo, affrontare la nostra mente, cercare di capire perché questa ha fatto scattare quell’insieme di sensazioni fisiche e psichiche che identifichiamo con questo termine. Osservare la nostra mente e i suoi meccanismi può permetterci di abitare quello spazio che sta tra lo stimolo che determina la paura e le sensazioni e gli atteggiamenti che ad essa seguono. Diceva il grande psicoterapeuta V. Frankl “tra stimolo e risposta che ad esso diamo c’è uno spazio e in questo sta il nostro successo e la nostra crescita”. Dunque, per capire la paura e soprattutto la “nostra” paura dobbiamo osservare la nostra mente. Un aneddoto clinico di un paziente che ho avuto in cura, e di cui ho modificato diversi particolari per renderlo irriconoscibile, può illustrare quello che stiamo dicendo.
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